Loro sospesi su in aria che danzano figure impossibili, io con il naso in su a cercare di scorgere i motivi sconosciuti di un equilibrio cercato e a volte trovato.
Mi hanno sempre affascinato quelli che cercano di superare la gravità: a volte solo quella terrestre che ci trattiene su questa terra, altre volte si tratta di un altro tipo di gravità, forse ancora più forte. Quella che ci tiene giù quando questo mondo da noi così precisamente ordinato ed organizzato trattiene il nostro animo dentro gabbie concettuali e di pensiero e paure stantie.
Dovremmo se fosse possibile, tentare di non farci attrarre definitivamente da questa gravità, stando ancora per un po’ su in alto tra le nuvole come quando eravamo bambini. Così sospesi, come funamboli acrobati, con il rischio di cadere ma con lo sguardo libero, avendo fatto pace con il mondo, liberi dalla gravità.
Mi sto domandando se questa idea di funamboli acrobati che mi percorre dentro ormai da diversi anni, non a caso questo luogo si chiama “officina di funamboli”, possa essere espressa attraverso immagini.
Se succede sarà anche questa una passeggiata da funamboli, con la possibilità di cadere ma con la pace di chi sta compiendo qualcosa che ha valore in sé e non finalizzata ad ottenere qualcos’altro, con un pizzico di ironia e sorriso, a volte, e altre con il taglio di una luce che testimonia della sfida di chi cerca quotidianamente di resistere e di opporsi alla gravità di questo mondo, non cercando giustizia, ma ribellandosi alle leggi della fisica su cui è stato progettato l’universo.
Prima e seconda legge della termodinamica, valide a livello universale, pare ci costringano a vivere brevemente con dentro il destino ultimo di tutte le cose: la distruzione, il caos, il disordine, la morte dovuti all’entropia.
Il senso allora arriva, forse, quando ci ribelliamo a questa legge, non annullandola (impossibile!!!), ma piegandola temporaneamente e deviando verso traiettorie che portano a coscienze che fanno vedere per un attimo le cose e le persone che ci circondano non come altri con cui competere ma solo e soltanto da amare.
Amare forse è il vero, definitivo atto di sfida alle leggi di questo universo, bellissimo ma crudele. Giocare è senza dubbio l’espressione più intensa e vera dell’amore.
Amare e giocare sono entrambi assolutamente incompatibili con i concetti che più di tutti abbiamo radicati nei nostri pensieri e comportamenti quotidiani: lavoro, sacrificio, dovere, colpa, fallimento.
Entrambi sono invece attività serissime che chiedono la massima concentrazione senza mai avere la sicurezza del risultato desiderato. Senza desiderare il risultato finale, in entrambi si agisce senza scopi se non quello dell’atto in sé.
Allora come due funamboli acrobati, amando-giocando, rimaniamo per un tempo, sospesi fuori dalle leggi del caos, liberi.
Forse, a quel punto, chissà, se qualcuno che sta da lassù a guardare, si intenerisce per il nostro atto di disobbedienza infantile, ci sorride e ci accarezza con mano amorevole, davvero amorevole.
E magari scende giù da noi, per giocare assieme.
Poesia ed ispirazione. Bellissimi concetti, leggeri e potenti. Grazie amico per questo regalo.