Amore, mare, famiglia, pasta e caffè a NYC


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Guardavo una vetrina di Dolce & Gabbana sulla 5th Avenue di una New York immersa in un sole così luminoso che sembrava quasi di essere ad Acitrezza se non fosse stato per qualche grattacielo di troppo, arredate, le bellissime vetrine, come a ricreare un angolo di Sicilia, e sono stato attratto da qualcosa che voleva ricordare, credo, nelle intenzioni degli esperti di comunicazione della maison, alcuni stereotipi  su cui si fonda l’immaginario collettivo dell’Italia nel mondo.

Scritte su una tenda parasole c’erano cinque parole: Amore, Mare, Famiglia, Pasta, Caffè.

Per un attimo, allora, mi sono fermato affascinato dai colori e dall’allegria della vetrina e ho pensato che in fondo in quelle cinque parole si può condensare con un buon grado di approssimazione ciò che è davvero importante per me.

Caspita, capisci ciò che è importante per te guardando una vetrina di Dolce & Gabbana a New York?

Ci vogliono tipi come Dolce e Gabbana per fartelo capire?

E sei dovuto andare fino a New York per avere questa folgorazione come San Paolo sulla via di Damasco?

Questo è successo e credo che sia dovuto al modo in cui io intendo il viaggiare.

Ma non voglio parlare della filosofia del viaggio, perché quando ho visto scritte nella vetrina quelle parole ho pensato a tutt’altro. Mi è venuto un pensierino che ora vi racconto. Seguitemi con un po’ di pazienza, alla fine avrete un certo languirono, ve lo assicuro.

Consideriamo delle 5 di cui sopra, per esempio, la parola amore e confrontiamola con caffè.

Se andate al bar e chiedete un caffè, il barman non ha nessun dubbio, parte subito ad armeggiare con la macchina per l’espresso ed in 20 secondi vi scodella una tazzina fumante con dentro il vostro profumatissimo caffè.

Nessun dubbio, la parola “caffè” esprime esattamente quello che volete: un caffè.

Adesso provate a fare lo stesso con la parola “amore”. E pensate a quello che volete dire quando dite: “io amo”.

Se cercate in un buon vocabolario ci trovate almeno 11 significati diversi.

Ditemi se amare la letteratura è uguale ad amare una donna.

Oppure  quando dite a vostro figlio che lo amate, è lo stesso rispetto a  quando dite che amate stare con i vostri amici, oppure amate fare il vostro lavoro, o fare passeggiate da solo nel parco alle 5 del mattino?

Amate vostra madre come state amando la vostra attuale amante? Credo proprio di no se non siete affetti dal complesso di Edipo!!

Amare è una di quelle parole che non ha un solo significato, ma tanti, purtroppo. Così come matrimonio oppure politica, o famiglia.

E noi con questo tipo di parole spesso simuliamo, oppure non diciamo in quale senso, in quella precisa situazione, la stiamo usando e quale valore gli diamo ed in che senso ci prendiamo responsabilità delle conseguenze.

Non solo, ma in aggiunta e a complicare le cose c’è il fatto che noi nel tempo cambiamo e cambia come vediamo il mondo e come sentiamo noi stessi e le persone che ci stanno accanto.

Ed in genere succede che i tempi e i modi dei nostri cambiamenti non sono in sintonia con i cambiamenti dell’altro.

Tutto questo produce una quantità industriale di dolore, rabbia, recriminazioni, sensi di colpa, rimorsi.

Da qualche tempo cerco di intendere le cose e le parole dando loro significati unici, chiari, che non si prestino a confondere realtà vere e desideri profondi con convenienze del momento o false illusioni create, per esempio, dall’idea, diffusa abbondantemente oggi, del così detto “amore romantico” che ci impone di credere che esiste da qualche parte l’essere perfetto in grado di soddisfare tutte le nostre esigenze.

La realtà è un po’ diversa. Tutti noi abbiamo una vena di follia più o meno nascosta e alla prima cena a lume di candela una domanda intelligente potrebbe essere: “ Che tipo di pazzia è la tua?”

Le relazioni con gli altri, inevitabilmente, mettono in luce le nostre ossessioni, paure, mancanze ma cerchiamo di nasconderle e dissimularle.

A volte desidererei appartenere alla specie lupina. Il lupo non si può permettere di essere vago, allusivo. Non ammette complotti e menzogne. Non può farlo perché metterebbe a repentaglio la sopravvivenza del branco e quindi la sua. Non è nella natura del lupo.

Ma è nella nostra, invece.

Basterebbe ogni tanto accorgersene e tornare, quando si può, ad utilizzare parole con significati precisi oppure quando ci si trova di fronte a parole complesse come amare o voler bene, chiedere sempre:

“Hai detto che mi vuoi bene, ok, mi dici in che senso esattamente?”

Poiché, per esempio, il voler bene sta soprattutto nel fare, la prossima volta quando vi viene l’impulso di dire ti voglio bene ad una persona, anziché dirlo solamente, preparate per lei o lui, prendendovi tutto il tempo necessario, un bel piatto di pasta al pomodoro fresco e basilico, ma che sia “pasta” vera e non come quella che fanno da Pellegrino’s in Mulberry street.

E offritegli alla fine un fragrante caffè, che sia “caffè” però, fatto da voi con la moka, e non come quello che trovate da Starbucks in Madison Avenue.

E se possibile il caffè servitelo in una terrazza che si affaccia sul “mare” profumato di Sicilia.

Anche se la terrazza del Club Quarters hotel non da sul mare, ma è incastonata tra i grattaceli della 51th e Rockefeller Plaza, comunque è veramente uno spettacolo. Andateci a fare una ricca colazione all’americana.

Io che ci sono stato, il profumo del mare non l’ho trovato, ma ero  in “famiglia”: mio figlio ed io.

Felice, allegro e un po’ matto come il tipo ritratto nella foto che ho incontrato in una via di New York nei pressi di Chinatown mentre ballava, con una bottiglia di vino sulla testa, al ritmo di una orchestrina d’altri tempi, intonando una canzone yiddish.

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