E’ da qualche anno (più di 20) che mi occupo di marketing e vendite: come manager, poi come imprenditore, ora come consulente e advisor per aziende di diversi settori.
Ma se devo spiegare a mio figlio che significa marketing ho qualche problema a rendere il concetto con una frase che rappresenti l’essenza di questo mestiere.
Così come avrei difficoltà a dire come si fa a vendere bene e di più. Questa è in effetti la domanda principe che le aziende mi pongono spessissimo. Alcuni miei colleghi, certe volte con un ampio grado di improvvisazione, si propongono come “guru” delle tecniche di vendita, delle arti di convincere il cliente ad acquistare, delle regole fondamentali per coinvolgere i così detti opinion leader. In questo caso l’azienda si affida a questi “maghi” che faranno la loro sceneggiata in un aula di formazione con di fronte degli smarriti e perplessi venditori, in una “tre giorni” di full immersion sulle più recenti teorie psico-motivazionali e sulle “10 strategie di vendita di successo”.
Risultato atteso dall’azienda nei confronti dei poveri venditori, altissimo.
Risultati in termini di miglioramento delle performance di vendita: zero.
Perchè ?
Per tentare una risposta è utile tornare alla questione di cui sopra: come faccio a spiegare a mio figlio cosa significa fare marketing e come si fa a vendere bene?
Posso partire da questa definizione:
” fare marketing, vendere, comunicare, motivare, innovare significa fondamentalmente COINVOLGERE LE PERSONE VERSO OBIETTIVI DI COMUNE INTERESSE.
Punto.
Detta così sembra assai banale, ma non lo è. Coinvolgere le persone verso obiettivi comuni è una sfida che affrontiamo ogni giorno, con i nostri colleghi, con i nostri figli con nostra moglie o marito.
Ma nonostante la nostra natura fortemente “sociale” questo è un compito molte volte titanico e foriero di grandi frustrazioni.
Sto lavorando, ormai da diversi anni, alla progettazione di piattaforme per lo sviluppo della collaborazione e la relazione con i clienti basate sulle tecnologie del web 2.0.
Le aziende cercano strumenti per migliorare la collaborazione tra il personale interno per sviluppare progetti e innovazioni; modi alternativi per entrare in contatto con i clienti e gli opinion leader che siano meno costosi della pubblicità classica e soprattutto più efficaci nel costruire una relazione duratura nel tempo. Ma anche sistemi che permettano di attrarre competenze, idee dall’esterno per sfruttare il crowdsourcing (innovativa soluzione di outsourcing che coinvolge gruppi di individui esterni all’azienda, che possano contribuire alla gestione di sttività e/o alla soluzione di un problema).
La parola che distingue dal tradizionale approccio al marketing e alle vendite è “COLLABORAZIONE”.
Jeffrey Kindler CEO di Pfizer, la prima multinazionale del farmaco al mondo, afferma: ” voglio assolutamente buttare alle spalle le tattiche di “hard selling”, perchè non è questo che i medici vogliono. Voglio invece promuovere strumenti e modalità per sviluppare e costruire nel tempo “a more open and honest discusion”.
Anche se non è esattamente chiaro cosa significa una aperta e onesta discussione è chiaro altresì in che direzione stanno andando le aziende che comprendono la potenza degli approcci “social” e le tecnologie web che permettono di costruire LUOGHI da raggiungere dove poter discutere, scambiare idee e raccontare storie di esperienze professionali senza che ci sia un rapporto venditore-acquirente esplicito e dove ci sia spazio per i rapporti umani anziché solo per transazioni economiche.
Sostanzialmente un modo diverso di comunicare, di informare, di vendere.
Non a caso ho parlato di LUOGHI e non di canali. Una comunità di medici specialisti in rianimazione si incontrano on line e si scambiano le esperienze quotidiane vissute cercando di strappare per i capelli pazienti alla morte, utilizzando procedure, farmaci, tecniche mediche al limite della quasi sperimentazione, perchè ogni caso è diverso ed è necessario rifarsi alla pratica dei propri colleghi più che solo agli studi clinici o ai congressi.
Per questo motivo ho scelto di chiamare il mio network professionale Business Architects. In effetti creiamo, come gli architetti, luoghi dove le persone, si ritrovano, abitano, condividono esperienze ed emozioni, proprio come le piazze di un tempo, o le case dei nonni in cui la famiglia si riuniva per ascoltare le storie dei più anziani.
La vendita one-to-one non è finita, ma sappiamo che creare luoghi in cui ascoltare anziché solo parlare e spingere all’acquisto è un ottimo modo per coinvolgere la gente a scegliere.
Se questo non è vendere !!!!!!!!
Condivido pienamente la visione e la nuova accezzione di luogo.
Il tema del coinvolgimento è un argomento antico. confucio più di 2000 anni fa diceva:
“parlami e dimenticherò, mostrami e forse ricorderò, coinvolgimi e allora comprenderò”.
Sul tema della collaborazione puoi trovare qualche spunto di riflessione sul blog
observingthenet.wordpress.com
Salve,
condivido e sono molto entusiasta di questo ‘nuovo’ modo di vendere!!!!!
Non se ne puo’ piu’ del bombardamento tipo campagna elettorale……compra/vota/….
siamo essere umani….abbiamo bisogno del confronto, di parlare e di ascoltare….ma sopratutto sappiamo che non possiamo fidarci di chi ci vuol ‘, vendere’ qualcosa.
Credo in questa ‘nuova’ forma di vendita-consulenza… come ‘fondamenta’ (approposito di architettura..)per una sostanziale e strutturale rivoluzione … del marketing.
Coinvolgere le persone verso obiettivi comuni è la base pr costruire una nuova e sana civilta’.
Perdonatemi forse la presunzione, ma mai come in questo periodo abbiamo bisogno di seguire e credere in un nuovo sogno.
Serena
Ciao Serena,
non so che professione svolgi o se parli solo come consumatrice che non ne può più di essere trattata come limone da spremere da parte di un sistema produttivo- economico che sopravvive sul concetto di consumo continuo e senza limiti.
Sono d’accordo con te che è necessario cominciare a sognare un sistema sociale dove alla base non ci sia unicamente un modello che si fonda sul calcolo economico. E quando dico calcolo economico non mi riferisco solo a quello che ha come strumento il denaro.
Pensa al calcolo economico che facciamo ogni giorno, ogni momento quando soppesiamo ciò che facciamo con gli altri e per gli altri sulla base di ciò che riceviamo (affetto, attenzione, comprensione, aiuto) oppure diamo in una specie di conto economico appunto che confronta quanto abbiamo dato (sempre tanto nella nostra visione) e quanto abbiamo ricevuto (in genere sempre troppo poco).
Non c’è niente da fare.
Siamo abituati a valutare in ottica economica anche i sentimenti ed il rapporto con gli altri.
Sogniamo un mondo senza bilancia!!!
Enrico