diversità e anti-management: una via per l’anti-infelicità


Siamo sommersi da credenze che dicono siano assolutamente vere.

Siamo inondati da guru che sentenziano ricette infallibili.

Siamo subissati da esperti che ci dicono quello che dobbiamo fare per avere successo e come utilizzare le “best practices” a questo fine.

La cosa peggiore è che siamo influenzati nelle nostre decisioni da professionisti, esperti e scienziati magari anche col premio Nobel.

Questi scienziati-professionisti sono diventati così esperti in un determinato modo di lavorare e interpretare la realtà che sembra  abbiano dimenticato lo scopo di tutto ciò che fanno.

E faccio riferimento soprattutto ai professionisti aziendali, ai grandi manager ai guru dell’ economia che sono diventati così abili da dimenticare le persone vere, la trama più ampia della vita quotidiana, la sostanziale imprevedibilità e incantevole disorganizzazione dell’essere umano.

C’è qualcosa in noi, il cuore, il sentimento dell’amore, l’intuito che la “scienza del management” non prende in considerazione.

Come dice Tiziano Terzani, non necessariamente perchè uno vince il premio Nobel o diventa Amministratore Delegato della Coca-Cola è uno giusto, un uomo. Può essere anche un coglione !!!

Abbiamo l’istinto del gregge. Ci sentiamo più protetti e sicuri se adottiamo un sano conformismo. Se ci adeguiamo alla media dei comportamenti altrui. Se attuiamo un sano “realismo” dicendo ai nostri figli che è inutile fare i Don Chisciotte, che bisogna stare con i piedi per terra.

Essere differenti, ragionare differentemente, agire differenziandosi ha un costo, l’anticonformismo è rischioso.

Amiamo “sfregarci” con persone che la pensano come noi, che sono nella norma (quindi stanno nella media) e sono perciò normali.

Pensare differente è invece una mentalità costosa, è un impegno che crea disagio, ostilità a volte, ostacoli e ostruzionismo quasi sempre.

Cerchiamo come ossessi tutto ciò e chi può confermare le nostre ipotesi e credenze. Ci viene più facile trovare conferme che disconferme alle nostre ipotesi.

Chi fa l’inverso, pochissimi, in genere ottengono fortune molto grandi (proprio perchè fuori dal gregge): George Soros quando fa una scommessa finanziaria, continua a cercare casi che potrebbero dimostrare che la sua teoria iniziale è sbagliata!

Forse è proprio questa la vera fiducia in se stessi: la capacità di assumere il mondo senza necessariamente trovare qualcosa che lusinga il proprio Io.

I manager, i professionisti aziendali, generalmente parlando, odiano la diversità. La diversità è devianza, è trasformazione, è un impegno nei confronti di ciò che non ha precedenti. E’ piena di sfumature, di complessità, di incertezza. Cose che il buon manager è addestrato ad evitare con lo stesso terrore dei gatti di fronte all’acqua.

E qui parte la mia proposta provocatoria, folle, irrealistica.

E se creassimo una nuova scuola non di Management, ma invece una che ha l’obiettivo specifico di sfornare degli ANTI-MANAGER ?

Chi è l’anti-Manager?  Come possiamo definire l’antimanager ? L’antimanager è per definizione contro i manager ?

Seguitemi ancora un po’ in questo ragionamento che sicuramente ai più sembrerà folle.  Ma il buon lettore di questo blog dovrebbe avere  la cortesia di seguirmi per qualche altro rigo.

Ritornando alle domande sull’antimanager, permettetemi un esempio per cercare di spiegare la mia visione.

La biblioteca personale di Umberto Eco è composta da più di 30.000 volumi, e vi posso assicurare che se c’è una domanda che fa uscire dai gangheri il personaggio di cui sopra è: ” ma li ha letti tutti ? “.  Esiste quindi una biblioteca di Eco dei libri letti ed una di pari valore che è “l’antibiblioteca” in questo caso dei libri non letti.

Le persone non vanno in giro con un “anticurriculum” che descrive quello che non hanno studiato o le esperienze che non hanno vissuto, ma sarebbe bello che lo facessero. Molte volte per conoscere veramente una persona è più importante sapere  quello che non ha fatto, quello a cui ha rinunciato, quello su cui non si è impegnata fino a conseguire un risultato, quello in cui ha fallito.

L’anti-manager non è contro il management classico, è proprio il contrario, così come il contrario di negativo non è neutro, ma positivo.

Nicholas Taleb parla di antifragilità per esprimere il vero contrario di fragilità.  Al contrario di quello che pensiamo infatti, il contrario di fragile non è robusto o infrangibile:  l’opposto di fragilità non è assenza di fragilità (robustezza) così come l’opposto di positivo non è neutro, ma negativo.

Antifragile è qualcosa di diverso da robusto o infrangibile. Non è qualcosa che non si rompe, ma piuttosto qualcosa che beneficia dal ricevere urti, o shock (pensate allo sciroppo medicinale sulla cui confezione c’è scritto: “agitare bene prima dell’uso”).

La natura in quanto sistema di successo che si è evoluto nel corso di milioni di anni sopravvive non perchè è un sistema robusto ma perchè è antifragile. Nel senso che ama  e trae forza dalla casualità, dalla incertezza e dal disordine e dalla continua produzione di diversità tramite errori.

Pensate alla antifragilità dei batteri che resistono agli antibiotici e che proprio grazie a questi traggono la forza per evolvere in specie genetiche sempre nuove e sempre più resistenti.

Quindi per riassumere, ringraziando la vostra pazienza:

1- FRAGILE: soffre degli shock, soffre il disordine, gli imprevisti, gli urti casuali (appunto come i manager e le loro pseudo teorie scientifiche di management)

2- ROBUSTO: resiste agli schoks, infrangibile (i politici sono un buon esempio)

3- ANTIFRAGILE: che trae beneficio proprio dal disordine, dal continuo diverso, che guadagna dagli shock e dagli errori. L’antimanager appunto o anche altro buon esempio è l’artista.

Il sistema antifragile è lontano dalla media, è asimmetrico e da questo guadagna. Beneficia e sfrutta  la variabilità, trae giovamento dagli eventi rari e imprevisti ma, proprio perchè rari, hanno un grande impatto.

Con i tempi che corrono non abbiamo bisogno di altri manager intelligenti. Con questa intelligenza espressa dai manager di oggi non andiamo molto lontani.

Abbiamo bisogno di gente che sappia agire, ma agire in maniera antifragile.

I manager di successo di oggi ritengono disdicevole parlare di tentativi  e errori, e addirittura li puniscono quando sono gli altri a commetterli e loro a valutarli e giudicarli.

Io credo nel design thinking che si basa sulla realizzazione di prototipi per verificare nel più breve tempo possibile se una idea, un processo, una tecnologia è fattibile, trovando nella realtà ciò che funziona e ciò che non funziona (gli errori).

Assistiamo oggi alla fragilità delle economie, alla fragilità dei sistemi politici, alla fragilità dei rapporti umani, dei matrimoni e di qualsiasi relazione umana.

Forse è perchè cerchiamo di creare sistemi robusti anziché antifragili.

Quindi che ne dite di una scuola per formare anti-manager, anti-mogli, anti-mariti e anti-politici ?

P.S.    Sull’ idea dell’anti-infelicità, abbiate pazienza, ho in mente qualcosa ma debbo ancora rifletterci.

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