Quando l’effetto che vediamo (il successo) è conseguenza del caso – siamo proprio sicuri che seguire le strategie di successo degli altri porti anche noi al successo? – basta con le best practices!!!!
“Ultimately, strategy is a way of thinking, not a procedural exercise or a set of frameworks.”
Riporto la frase da un articolo dell’ Harvard Business Review. La considero interessante perché ho verificato nella pratica professionale, e non solo, che esprime una verità.
Spesso manager, imprenditori, ma anche noi “comuni mortali” cerchiamo di adottare strategie per ottenere vantaggi, guadagni o più genericamente vittorie (…. a spese di chi???).
Leggiamo libri di guru ed esperti di comportamento umano, ci riferiamo alle nostre esperienze precedenti, cerchiamo di imitare nei comportamenti e nelle decisioni persone di successo e che quindi, riteniamo, siano in possesso delle migliori strategie per sopravanzare un collega nella corsa alla direzione dell’ufficio, per sconfiggere un concorrente che ci sta fregando vendite e quote di mercato, oppure per nascondere al nostro partner qualche estiva scappatella rigenerante.
Spesso però dobbiamo confrontarci con risultati derivanti dalle “strategie” copiate o consigliate da altri (quelli che noi riteniamo gente di successo), che non proprio ci soddisfano (quando va bene), oppure con disastri a cui frettolosamente rimediare (quando va meno bene).
In termini aziendali copiare le strategie di successo degli altri si dice: ” implementare le best practices”. Per decenni guru del management ci hanno ammorbato con questa frase e hanno spinto manager e imprenditori a fare i guardoni e gli stupidi inseguitori delle strategie altrui.
Ma siccome le strategie non sono strumenti, o metodologie, né processi o modelli, ma solo un “personalissimo” modo di pensare il mondo, gli altri e quello che ci circonda, il loro casuale successo o insuccesso dipende da chi quel modo di pensare …….ha pensato.
Ho scritto e sottolineato casuale……non a caso!!!!
Abbiamo la particolare tendenza a considerare di successo una persona di cui sappiamo che ha adottato una strategia che gli ha procurato buoni risultati, ma spesso non veniamo a sapere quanti fallimenti o insuccessi quella stessa persona ha dovuto sopportare precedentemente e di cui noi non abbiamo notizia. Infatti tendiamo a pubblicizzare i nostri successi, mentre cerchiamo di nascondere gli insuccessi e molte volte la differenza fra l’uno (il successo) e l’altro (l’insuccesso) non è questione di strategia, ma di semplice e puro caso.
Facciamocene una ragione. Forse in fin dei conti è sempre meglio rischiare un po’ precorrendo strade nuove, invece di seguire le “best practice” degli altri dimenticandoci che spesso il successo è conseguenza per una buona parte del caso (fortunato) e non della strategia adottata.
Mi farebbe piacere conoscere le vostre idee ed esperienze in merito. Continuerò ancora su questo blog l’argomento.
Caro Enrico, hai proprio ragione, al 100%.
Credo que compartire “best practices¨ ha senso quando siamo parte dello stesso team, della stessa azienda, pero lavoriamo in divisioni diverse e in questo caso possiamo parlare di innovazione.
Kimberly Clarks é una eccezione a questa ultima riflessione: una best practice (una forma nuova di management) applicata nella regione Andina, rappresentó un successo inesperato e meteorico que nella multinazionale stanno cercando de riprodurre in altre regioni, senza successo finora.
Il manager Argentino que introdusse queste innovazioni fu promosso e trasferito alla Corporazione USA dove adesso lotta contro quella burocrazia e cultura aziendale que rimosse a Lima e nella sua regione. Non sembra che i sui sforzi stiano tenendo i risultati sperati, a dimostrazione della tua teoría.
Assumere rischi, non temere il fracasso, rapiditá, esecuzione chirurgica delle strategie fissate, con il radar sempre diretto alle voci dei nostri clienti e stakeholders, sembrano le ¨best practices¨ que meglio funzionano sempre.
Grazie per la riflessione.