Scrivo questo post, dopo una lunga interruzione.
Avevo bisogno di allontanare la mia mente da un ambiente divenuto opprimente. Si respira aria di dismissioni, di angosciosa incertezza, di paura, di temporaneità esasperata, di visione miope tarata su ipotetici vantaggi da conseguire nel brevissimo termine, senza investire tempo, cuore, intelligenza, coscienza, amore per le cose e per i dettagli.
Sono partito per Londra e ci sono rimasto per 20 giorni. Non per fare il turista, non me ne importava niente di fotografare Trafalgar square o guardare estasiato Buckingham Palace.
Volevo respirare aria diversa. Allora ho preso un monolocale con cucinotto in Edgurad Road; via che più di Inghilterra sa di Iran, o Libano, o di Arabia e sa anche di confusione, odori dolciastri di nargilè, di burka neri e di donne di cui vedi unicamente gli occhi di una bellezza sconvolgente.
Ogni giorno percorrevo circa 5 chilometri per andare in Regent street dove avevo prenotato un corso intensivo di inglese presso una scuola vicino alla famosa Università di Westmister.
In Regent street, via di negozi dei marchi tra i più prestigiosi, c’è anche la Apple. Il negozio della Apple non può essere definito negozio per tanti motivi, e non è un fatto connesso solo con le dimensioni (colossali), ma piuttosto con una filosofia che traspare netta : in quel luogo si vende (tantissimo) facendo di tutto per non vendere. Se entrate in uno di questi store, sempre affollatissimi, non vedrete mai una cassa, non vedrete scaffali, la merce non è esposta per essere comprata, presa, scelta e portata a casa come succede nei negozi “normali”. Eppure……
……i negozi Apple Store sono in tutto 327 sparsi in tutto il mondo e la dimensione media è di 7.886 piedi quadrati, vale a dire circa 730 metri quadrati. Il valore più impressionante è comunque il rapporto tra fatturato per piede quadrato pari a 5.626 dollari quasi il doppio rispetto alla catena Tiffany, seconda in classifica con 2.974 dollari di ricavi per piede quadrato.
Mi trovavo a Londra quando è morto Steve Jobs, “inventore” della Apple. Davanti ad una delle immense vetrine dello store in Regent street della Apple il giorno dopo la sua morte, si erano raccolti messaggi scritti, foto di Jobs e tante, tante mele morsicate con incise frasi in memoria. Si respirava un’aria di grande commozione e rispetto per la morte di un uomo che aveva saputo far diventare i suoi prodotti icone di un modo nuovo di intendere i beni elettronici di largo consumo.
Prodotti come il computer MacBook, l’Ipod, l’Iphone, l’Ipad sono fantastici esempi di sapiente e fanatica progettazione nell’intersezione tra arte e tecnologia. In questo punto di intersezione c’è qualcosa di magico in cui traspare netto ed evidente l’amore ossessivo per l’innovazione, per la semplicità, per la facilità d’uso, per tutti i dettagli che fanno di quel prodotto un esempio splendido di design centrato sulle prestazioni non dell’oggetto ma di chi lo usa.
Se leggete il libro biografia di Steve Jobs, primo in classifica in tutto il mondo tra i libri più venduti, troverete questa ossessione di Jobs per il design e per l’innovazione “amichevole”. Più che ossessione, direi amore folle, pazzia, cura maniacale dei dettagli contro ogni ragionevolezza espressa da Steve e da un team di lavoro, quello della Apple, selezionato in maniera implacabile e durissima dallo stesso Jobs.
Ma l’amore per il design inteso come sapiente progettazione e soluzione di problemi non riguarda solo gli oggetti ma può essere strumento per rendere la vita più accettabile a milioni di persone che vivono in condizioni di profonda povertà.
Un buon design coinvolge portando non solo un nuovo punto di vista per affrontare complessi problemi, ma soprattutto un modo per capire e ascoltare le persone che vivono in comunità disagiate per fatti geografici, sociali o economici. Stiamo parlando di milioni di persone che vivono in insediamenti di fortuna. Possiamo scegliere di vederli o come milioni di problemi o come milioni di soluzioni. In questo senso design ha a che fare con “rifare il mondo in altre maniere”
Solo un esempio di cosa può fare un architetto che vive nel Bangladesh (Mohammed Rezwan)e un buon approccio al design:
Sono commossa, e mi fa ‘ piacere leggere “un qualcosa compatibile con il mio pensiero !
Ciao Noemi,
hai il cognome del mio caro amico Antonio Fontanini. Sei una sua parente?
These lies are nothing new, the pro-life organizations know they are fighting a losing battle and that
women’s rights are not something they can control based on
personally held beliefs. On the one hand, it is possible to assume that if humans
are killed before birth, they are the same
person as the other human beings. And so obviously we’ve a good thought at which point we’re regarded “born”.