Non sono d’accordo con chi, per compiacere qualcuno o per innata incapacità a vivere a fondo la vita, esalta l’essere fragili e vulnerabili.
E questo per due ragioni essenzialmente.
Primo: la nostra cultura occidentale basata sui principi religiosi ebraici e cristiani ha sempre contrapposto l’uomo alla natura. Questa viene definita matrigna e, quindi, siamo costretti a combatterla per sopravvivere: noi siamo come Dario il re persiano che cerca di vincere Alessandro Magno: a volte ci sembra di ottenere vittorie in qualche battaglia, ma la guerra è persa in partenza: la morte ne sarebbe la prova definitiva!
Questo modo di vedere il mondo e la vita, noi stessi e la natura in cui siamo immersi, porta a sentirci fragili e continuamente e perdutamente impegnati in una battaglia quotidiana senza speranza.
E’ il mondo come ce lo hanno dipinto, da migliaia di anni: ma è solo una visione del mondo.
I Giapponesi, i cinesi, per esempio, da che mondo è mondo, non vedono il mondo così: non si sentono vulnerabili e non hanno bisogno di esaltare e giustificare la fragilità umana, perchè non hanno la visione dicotomica uomo versus natura.
Peraltro solo noi che viviamo in questa contrapposizione la chiamiamo natura: così astratta nella nostra testa che è astratto anche il nome. Altri dicono bosco, torrente, foresta, pascolo, roccia, laguna: cose che si possono indicare con un dito, cose che si possono usare, dentro cui si può abitare. Noi abbiamo qualche idea platonica della natura, non la abitiamo veramente e fisicamente e per questo non sappiamo nemmeno nominarla: e la combattiamo!
Quella che noi occidentali abbiamo è una mappa di quelle possibili attraverso cui interpretiamo il viaggio su questa terra, ma è solo una delle mappe: altri ne hanno una diversa: quale è quella più utile?
Secondo: mi viene il sospetto, direi fondato, che questa storia dell’esaltazione della vulnerabilità e fragilità proposta spessissimo da buona parte dei media, sia una storia raccontata ad arte.
Più ci convincono che siamo deboli, vulnerabili, indifesi, maggiori sono le possibilità che a noi venga tolta la voglia di ribellarci a chi, in maniera subdola e per propri esclusivi interessi, ci tiene soggiogati a comportamenti che sono molto lontani dal nostro reale benessere. Penso al consumismo folle, all’individualismo imperante, al disinteresse per il rispetto del nostro pianeta e penso soprattutto alle enormi diseguaglianze tra chi detiene ricchezze e potere illimitati (pochi) e chi vive e sopravvive di sussistenze e di espedienti (molti).
Quindi dobbiamo essere o sentirci invulnerabili ed invincibili come Capitan America o Superman?
NO
Vorrei piuttosto difendere una certa bellezza che sta nelle cose e anche, a volte, nelle persone fragili.
Vi propongo qui alcuni spunti che potrebbero essere utili a questo scopo: difendere la bellezza che sta in una certa fragilità, senza per questo giustificala ad oltranza: anzi, esaltando alcune bellezze della fragilità, ci rendiamo antifragili.
Per ogni punto che mi è sembrato rilevante allo scopo di cui sopra ho elencato alcuni elementi di riflessione ed essendo solo spunti non sono affatto organici: ognuno se vuole li può sviluppare come vuole e sistemarli secondo le priorità personali.
Ok partiamo: allora come possiamo fare a difendere la bellezza delle cose fragili?
1-Riconoscendola:
- Melanconia: diversa dal mero pessimismo è invece lotta per trovare il senso e la destinazione. E’ il luogo della memoria ed il tempo di quello che è stato, che ci ha fatto vivere bene, ma che adesso non è più possibile recuperare: in questo c’è bellezza e l’essenza di riconoscersi profondamente umani.
- Vedere il cammino, vedere la meta ed accettare smarrimento, caos, notte, crisi.
- Cantico delle creature.
- Il valore delle cose inutili: poesia, letteratura, filosofia, sogni.
2-Distinguendola:
- …dalla debolezza che è invece corruzione della mente dovuta alla paura. Chi invece sa essere fragile in certi momenti è come il diamante: fragile ma durissimo.
3-Difendendola:
- Come la madre che protegge il figlio nell’antica Pompei nel mentre l’eruzione seppellisce tutto sotto una valanga di fango bollente (potete vedere il calco a Pompei: impressionante !)
- Restare e non scappare.
- Eros per le cose fragili.
- Unire gli impossibili e gli opposti.
4-Riparandola:
- Kintsugi è l’antica arte giapponese di rendere belle le cicatrici e riparare l’incompiutezza: ogni cosa e ogni persona ha un compito assegnato (come la tazza riparata) e ha la responsabilità di portarla a termine: destino che non coincide con la necessità e fortunatamente, ci lascia spazio all’azione errante e al mistero.
- Le parole riparatrici, le storie, la narrazione.
- Poesia: La ginestra di Giacomo Leopardi (leggetela).
- Chi sono le persone che riparano il mondo? : lo è delle persone e dei mestieri pazienti (contadino, calzolaio, pescatore, meccanico e giardiniere), per loro è evidente che niente si crea dal nulla ma che le cose vanno custodite e coltivate e rimesse a nuovo.
- Custoditeci e riparateci nonostante tutto.
5- Rendendola antifragile:
- Creare legami, connessioni e percorsi ridondanti. Che fesseria l’efficientismo esasperato degli odierni modelli di business: qualcuno con milioni di anni di esperienza sul campo ci ha fatto poco efficienti e ridondanti: due orecchie, due occhi, due reni, due polmoni. Ci sarà pure una ragione!! No?
- Contraddizioni e contrari sono importanti: la verità si produce al contatto di due proposizioni nessuna delle quali è vera: è vero il loro rapporto.
E alla fine:
- Eros (come lo intendevano gli antichi greci)ed eroismo, ed amore: creare un luogo dove si possa reimparare ad amare: come bottega di amori da far crescere e coltivare, mettere alla prova e riparare quando necessario.
- Siamo chiamati a fare qualcosa di bello costi quel che costi, compiendo così noi stessi e le cose fragili, salvandole dalla morte.
- Abbiamo bisogno di mappe per orientarci in un mondo che noi abbiamo fatto diventare cinico e assai complesso e a volte è necessario cambiare la mappa che ci hanno detto essere l’unica e la più attendibile.
Allora:armonia relazionale: proporzione, buona educazione, equità, cura, sorriso, organizzazione e bellezza, meraviglia e arte.
Buon Natale e un grande abbraccio a tutti voi.
P.S: alcuni testi di riferimento sui punti che sono stati accennati qui:
– Nicholas Thaleb: Antifragile
-Vito Mancuso: Il coraggio di Essere Liberi
-Alessandro D’Avenia: L’arte di essere fragili
Bravo Enrico!
Grazie per questi originalissimi e poetici Auguri!
Ma quando vieni a trovarci a Madrid?
Augurissimi!