Se volete proprio saperlo “tutto ha avuto inizio da una interruzione” come quel genio di Paul Valery diceva.
Una mattina mi sono svegliato e ho deciso di cambiare alcune cose.
Il passo era diventato pesante e quindi, in questi casi, il passo lo si cambia: è necessario uno scarto di lato e si inizia di nuovo.
Ecco, la questione però è se davvero esistono interruzioni nella nostra vita, oppure sono solo pretesti che adottiamo per affogare la noia e per dare un certo ritmo ed intensità a ciò che ci circonda.
Abbiamo tutto e crediamo di non avere niente. Corriamo, ci affanniamo per arrivare in vetta, e quando arriviamo ci viene il mal di montagna, ci viene da vomitare e ci chiediamo cosa siamo saliti a fare sin la su.
Forse il fatto è che ci vediamo come personaggi che cambiano ruoli asseconda dei momenti, delle occasioni o delle persone che ci stanno di fronte. Pensiamo di essere ogni volta un personaggio diverso impegnato chissà in quale avventura, ma quel che dovremmo capire è che noi non siamo solo quei personaggi: siamo invece tutta la storia.
E la trama di questa unica storia sono le nostre utopie, le illusioni e i sogni.
Io i sogni e le mie utopie da realizzare ce l’ho chiari solo adesso, anche se sono certo che erano gli stessi che frullavano nella mia testa sin da quando incontrai all’età di sei anni una bellissima bambina con riccioli dorati, lei ne aveva 5 di anni, durante una crociera con i miei genitori. L’avrei rincontrata 21 anni dopo: i sogni che si sognano da piccoli, ci vengono incontro di nuovo quando siamo adulti e, se abbiamo coraggio, avremo la possibilità di realizzarli.
Detto questo, vediamo se riesco a mettere nero su bianco alcuni di questi desideri o utopie come mi piace chiamarle, però non le spiattellerò tutte: ce ne sono di molto personali e quelle le tengo per me, o solo per alcuni.
Prima utopia: non mi basta vivere una sola vita, cioè quella che mi hanno gentilmente regalato i miei genitori.
Ed allora, nella mia follia, se prendo un libro e lo comincio a leggere, inizio anche un’altra vita perché percepisco il mondo con gli occhi di chi ha scritto il libro e dei suoi personaggi.
Se scrivo, tento di accedere a quel fondo enigmatico e buio che è l’altra parte di me stesso, ossia la follia che abita in ognuno di noi: la vita che conduciamo ogni giorno, quella normale dico, ce la nasconde inesorabilmente e pervicacemente.. Questa parte è resa muta dal nostro convenzionalismo, dalle abitudini e dalla paura di essere diversi, ma è quella dove abitano eros, libertà, incoerenza e illusioni che rendono la nostra vita per la maggior parte delle volte incomprensibile agli altri: salvandoci però.
Ci sono cose che non riusciamo a dire e che non si possono dire durante il giorno, quando siamo perfettamente calati nel nostro personaggio di facciata buona per la società.
Noi cerchiamo di vivere dignitosamente, senza creare scandalo, evitando le guerre con gli altri perché noi siamo gente onesta e buona. No?
Ma così facendo, negandoci la libertà di dire, esprimere, desiderare ed essere sostanzialmente folli, creiamo dentro di noi un mare di ghiaccio.
Certe volte i libri, lo scrivere o vedere la realtà attraverso l’obiettivo di una camera fotografica mi permette di sciogliere quel mare ghiacciato dentro di me che gela il modo di esprimere il mio mondo e prende a calci le mie utopie, senza le quali uomo mi sento davvero poco.
Forse alcuni personaggi descritti in un romanzo o fotografati per la via possono diventare i nostri amici silenziosi che ci riportano lì dove dignità, coraggio, libertà abitano. Lì dove le nostre sensazioni più intime, le nostre emozioni più splendenti vivono protette dalle martellate che arrivano da un uso del linguaggio improprio, arrogante, stupido e falsamente gentile.
Ed allora quando il mare di ghiaccio comincia a sciogliersi mi prende per esempio una voglia quasi catartica di mandargliele a dire a chi proprio se lo merita. A chi?
-A chi, per esempio, non avendo più il senso della realtà, abita luoghi che sono costruiti per soddisfare l’agonismo narcisistico dell’esposizione costante ed agogna così compulsivamente consenso e riconoscimenti.
-A chi dice frasi fatte e molto stupide, come per esempio: la mia libertà finisce dove inizia quella tua. Fesserie: la mia libertà inizia esattamente dove inizia la tua, altrimenti non abbiamo capito assolutamente niente di cosa significa libertà.
-A chi spende giornate intere a fare team working, brainstorming, strategic meeting e steering committees. Cavolate!! (si dice cazzate): le buone idee nascono dal singolo individuo che ha il coraggio, l’immaginazione ed il cuore per muovere in avanti rischiando sulla propria pelle e non su quella degli altri. Smettete di fare riunioni, prendete le palle, decidete e assumetevi le responsabilità in prima persona; poi raccontate la vostra idea con una storia interessante che sappia affascinare gli altri. Ed evitate come la peste le ricerche di mercato e gli esperti di marketing e di comunicazione.
-A chi si ferma alla superficie delle cose e dei fatti ed emette sentenze nei confronti di chi è più debole di lui, dimenticando che solo per una questione di fortuna (si dice culo) lui non si trova al posto dell’altro disgraziato.
-A chi non sa dire grazie alla persona che ha saputo disegnare un tratto del suo cammino: con generosità, convinzione e a volte inconsapevolmente. (Grazie a tutti quelli che lo hanno fatto per me).
Se c’è un motivo per cui fotografo è perché voglio allenare la mia mente e i miei occhi ad essere meno dogmatici facendoli capaci di vedere in maniera cristallina, senza paura.
Vorrei essere come Cyrano de Bergerac (…e poi ci rassomiglio anche un po’ per via del mio fantastico naso!): un po’ guascone e un po’ poeta, giusto, implacabile con me stesso e amorevole con gli altri, ma non con tutti.
Calcolare, aver paura, essere spaventato da chicchessia, preferire fare una visita invece di una poesia, redigere petizioni, rincorrere le presentazioni?
No, grazie! No, grazie! No, grazie!
Ma… cantare, sognare, ridere, muoversi, esser solo, esser libero, aver vista cristallina e voce argentina, quando va, mettersi il cappello di traverso, per un sì, per un no, battersi – o scrivere un verso! Lavorare senza preoccuparsi di gloria e fortuna, per quel viaggio tanto pensato sulla luna!
Non scrivere mai nulla che non giunga dal profondo, e sempre modesto dirsi: in fondo, caro, sii pago dei fiori, dei frutti, financo delle foglie! se è nel tuo giardino che le si coglie! Poi, se per caso ti giungerà un po’ di trionfo, non aver nulla a Cesare da dare, meglio a te stesso ogni merito serbare. Infine, senz’essere l’edera parassita, anche quando non si sia quercia né tiglio, magari non salire tanto in alto, ma farlo da solo, senza alcun appiglio!
Tratto da Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand
E le altre utopie mi chiederete? C’è tempo per quelle , ne riparleremo, magari aspettando che mi raccontiate le vostre.