Devo fare una breve premessa all’articolo che state per leggere. Capirete alla fine perché voglio precisare che fin dalle mie prime esperienze in azienda mi sono occupato di sviluppare progetti di innovazione siano esse tecnologiche, organizzative o di design di prodotti. E questo nei più svariati settori: nelle banche (ho sviluppato l’internet banking e il call banking in banca Carige nei primi anni 2000), nel B2B, nell’ hotellerie, nel farmaceutico (con una piattaforma basata sulle community digitali per l’aderenza alla terapia di pazienti allergici e per pazienti con gravi disfunzioni cardiache), nella formazione, nel mondo del società di calcio di serie A e nel mondo retail.
In breve: da sempre studio, implemento e amo l’innovazione: solo quando ha un senso, quando può dare risultati per far vivere meglio la gente e far prosperare le aziende.
Detto questo, andiamo!
Dare priorità alle trasformazioni tecnologiche per vincere. Questo è il titolo di un articolo, datato marzo 2022, della rivista McKinsey Digital a cui sono regolarmente abbonato. Nello stesso numero compare un’altro titolo: “Sette lezioni su come la trasformazione digitale può apportare valore alle aziende”.
McKinsey è sicuramente la più grande ed importante società di consulenza strategica a livello mondiale: solo per fare un esempio casalingo, è quella a cui si è rivolto Draghi per sviluppare il PNRR da presentare alla Commissione Europea per la ripresa dopo la pandemia.
Tutti quindi sono d’accordo (lo dice McKinsey!!) nel sostenere che per vincere, tutte le aziende, non solo quelle grandi e con mercati internazionali, devono sviluppare al loro interno la trasformazione digitale (che significa??).
Hai compreso caro imprenditore? Dico a te che ogni giorno lavori per mandare avanti la tua azienda familiare assieme ai tuoi 50 operai e che produci profitti sufficienti a far vivere le famiglie dei tuoi dipendenti in maniera più che decorosa da almeno un trentennio e con piena soddisfazione dei tuoi clienti. Hai capito che senza trasformazione digitale non vinci? Rimani ai margini del VERO successo: fatturati a 8 zeri, migliaia di dipendenti, autista per te e i tuoi dirigenti, conferenze stampa e interviste alla TV, magari qualche bel debito con banche e investitori, giusto per non farci mancare niente!
C’è un modo di dire in inglese che mi piace tanto, anche per come suona quando lo dici: “Skin in the game”. L’ho letto per la prima volta in un libro di Nicholas Taleb che come titolo ha “Rischiare grosso” e sottotitolo: “Metterci la faccia nella vita di tutti i giorni”. Giocarsi la pelle, in sostanza, la propria pelle e non quella degli altri, quando si fanno delle azioni o si prendono decisioni o si consiglia qualcuno, sfruttando la propria autorevolezza.
Dovrebbe essere una regola valida per tutti, anche per coloro i quali non riescono a distinguere tra teoria e pratica, tra sapere apparente e competenze costruite sul campo, ogni giorno, rischiando la propria pelle.
Questo principio l’ho fatto mio nella vita personale, ma anche e soprattutto in quella professionale, iniziata quando avevo 20 anni; adesso ne ho 62, fate voi un pò di conti.
Anche se buona parte del mio tempo lavorativo l’ho trascorso come manager a contratto e quindi come lavoratore autonomo, non ho mai fatto quello che dà consigli su cosa e come fare e poi, dopo una bella e accattivante presentazione in Power Point, salutare e andar via senza condividere la responsabilità degli eventi conseguenti ai suggerimenti che qualcuno, ascoltandoti, ha messo in pratica.
In tutti questi anni ho sbagliato diverse volte, ho fallito con una mia azienda, a volte non ho dato retta a chi ne sapeva più di me e sapeva soprattutto come fare meglio di me. Ma ora so riconoscere le ca***te e chi le dice solo per proprio vantaggio, senza rischiare niente se le cose non vanno per il verso giusto.
Per questo ho grade stima e rispetto per quegli imprenditori che fanno il loro semplice mestiere: trovare clienti a cui onestamente vendere i propri prodotti, non rincorrendo falsi miti ed evitando di ammalarsi della malattia del più. Scusateli se non sanno chi è McKinsey e non sanno sfruttare le tecniche AGILE e magari non sanno nemmeno cosa è la trasformazione digitale. Ma è sicuro che domani apriranno i cancelli delle loro fabbriche e decideranno i progetti di sviluppo senza chiedere il permesso al venture capitalist di turno o alla banca Pinco Pallo.
Si può arrivare lontano anche con poco.
