Boundary crosser


Vi è mai capitato di ricevere alle 7 della sera la telefonata di un paio di amici e relative mogli che si auto invitano per una cenetta ?

Ti dicono : “…è che è da parecchio che non ci vediamo, ci facciamo due spaghetti; solo per il piacere di stare un po’ assieme. E’ sabato e non abbiamo voglia di fare la fila in pizzeria. Veniamo da te per le 8. Ok? ”

Ok.

A parte il fatto che avevi programmato una serata tranquilla per i fatti tuoi, niente di eccezionale: una doccia, un sano mix di verdure in padella e un bicchiere di merlot.

Ma va bene così. Mi piace improvvisare. Non ho quasi nulla in frigo. Non lo riempio perché mi da profondo fastidio buttare la roba, e allora faccio la spesa giorno per giorno (poca) per quello che mi serve.

E allora quando ricevo il tipo di telefonate di cui sopra, diventa per me una sfida preparare qualcosa di buono per i miei amici, facendo affidamento solo a quello che casualmente si trova in frigo e in dispensa e ad una grossa dose di faccia tosta ed inventiva.

Partendo da alcuni ingredienti e materie prime che trovo per caso, la sfida consiste nel produrre una cena che sia originale e faccia contenti i miei amici, soddisfacendo il loro palato e i loro occhi.

In genere i risultati non sono malvagi, anzi… E poi è un divertimento.

Nel mio lavoro mi è capitato molte volte di trovare soluzioni  “raccogliendo” alcuni elementi già presenti e “mixarli” per dare vita ad una nuova configurazione che produca risultati interessanti.

Sarà perché non ho mai trascorso troppo tempo in un solo settore o azienda e in una sola tipologia di responsabilità.

Non elenco qui la varietà delle attività e dei progetti che ho svolto in aziende del settore farmaceutico, del food, della GDO, dei beni industriali, dello sport, dei beni di largo consumo, delle tecnologie. Per non parlare delle mie esperienze di docente e coach per amministratori delegati e imprenditori.

Così, con qualche frustrazione, non sono uno esperto esclusivo di un settore o di un argomento, non ho competenze esclusive definitive, mi sono sempre mosso su progetti, come si dice, “cross” che coinvolgevano diversi dipartimenti aziendali e diverse competenze. Nella maggior parte dei casi dovevano essere gestiti tramite team interfunzionali, mettendo d’accordo visioni diverse, interessi diversi, mentalità e competenze più che variegate.

Il mercato del lavoro, se andiamo a vedere le richieste dei così detti “head hunter”, non sembra premiare questi profili di professionalità.

Non ho mai visto una ricerca che dicesse:

” Cerchiamo un boundary crosser, che sappia sviluppare la propria esperienza in molteplici aree, che sappia parlare la lingua degli ingegneri, degli economisti, dei sociologi, degli antropologi e dei medici e che sappia trovare gioia e soddisfazione nell’accostarsi ad una ampia varietà di esperienze umane. Cerchiamo un MULTItasking, MULTIcultural, MULTImedia esperto che sappia vedere le relazioni tra le relazioni, che sappia trovare nuovi modelli di business combinando mezzi, idee e strumenti che già sono presenti o che possono essere recuperati senza dissanguare le casse dell’azienda. Cerchiamo persone (e non solo manager) che sappiano  integrare, immaginando come i pezzi possano combaciare, che siano confidenti con i concetti  e le metodologie del system thinking, della complessità e del caos e che sappiano vedere “the big picture”.

…che siano abili nel “pattern recognition”, che siano disposti a commettere errori e a continuare a sperimentare e innovare, nonostante il loro capo dica che non gliene frega niente di innovare ma che sono importanti solo i risultati trimestrali.

….che siano cultori del genere sinfonico.

Boundery crossers, appunto.

Se c’è qualcuno che si sente un boundery crosser nella vita e nel lavoro, mi faccia sapere. Sarebbe fantastico condividere l’esperienza.

Se andate su questo sito troverete qualche esempio di progetti stile boundery crosser che ho sviluppato per diverse aziende:

enrico fisichella business model design

 

 

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